Gennaio è il primo mese dell’anno, il mese in cui la maggior parte di noi muove i primi passi verso l’implementazione dei buoni propositi e, come promesso, ho deciso di dedicare questo mese interamente al tema scottante della procrastinazione.

    La tendenza a rimandare, o procrastinare, non è innata e può avere radici molto profonde. E voi, quando avete iniziato a rimandare?

    Fermi, non rispondete! Basta guardare al passato, da oggi si va avanti! Anzi no, facciamo un esercizio più difficile. Rispondete alla mia domanda, ma non date troppo peso alla risposta. Se la memoria vi assiste, annotatevi la prima volta in cui avete deciso di rimandare qualcosa (vi do un piccolo aiutino, quasi sicuramente è avvenuto sui banchi di scuola).

    Ci sono state delle conseguenze? Qualcuno è rimasto particolarmente deluso o gratificato? Bene, adesso che avete messo nero su bianco la prima volta in cui avete rimandato, rileggetevi senza giudicarvi, poi strappate il foglio in cui avete scritto la risposta e continuate a leggere questo articolo.

    Prima di tutto, perché rimandiamo?
    1. Siamo confusi, non sappiamo né cosa fare né come farlo.
    2. La nostra capacità di analisi ci ha abbandonato per sempre e per questo procediamo per tentativi rischiando così di commettere errori che ci porteranno a procrastinare ancora di più.
    3. Abbiamo delle difficoltà a gestire il tempo e finiamo per sovraccaricarci di impegni o sprecare il tempo in attività inutili.
    4. Il rischio non è proprio il nostro mestiere, semmai possiamo pensare di specializzarci nella gestione delle nostre ansie.
    5. Siamo dei perfezionisti e quindi siamo sempre lontani dai nostri ideali di perfezione. Non solo, molto spesso tendiamo ad iniziare un nuovo progetto prima ancora di aver concluso quello precedente. Questo avviene perché il perfezionismo è spesso legato alla paura di sbagliare e di essere giudicati e tenersi costantemente impegnati protegge dalla critica interna e dal giudizio esterno.
    6. Preferiamo evitare tutto quello che è causa di disagio.
    7. Rimandiamo in attesa che ci arrivi un aiuto dall’esterno perché da soli siamo convinti di non farcela.
    8. Svolgere i compiti ci fa proprio schifo ed il detto “prima il dovere, poi il piacere” è per noi l’esatto contrario: “prima il piacere che al dovere ci pensiamo dopo”.
    9. Siamo stanchi.

    Bene, adesso che abbiamo visto le cause che ci portano a rimandare, vi consiglio anche di soffermarvi sul ‘come’ rimandiamo: “cosa faccio al posto di ciò che dovrei fare?” In poche parole, qual è la vostra distrazione preferita?

    Le mie, ad esempio, sono fra le più diffuse; direi i Social Network al primo posto, seguiti a ruota da fantomatici attacchi di fame e poi, siccome ho un animo poetico e romantico, al terzo posto collocherei le ore che trascorro ad osservare i miei cani che dormono (e mentre lo scrivo mi sto convincendo che quest’ultima, più che una distrazione è un modo per ricaricare le pile e raccogliere le idee…chacun à son gout!).

    Una volta individuata la vostra o le vostre distrazioni preferite, potete dare libero sfogo alla fantasia e cercare i modi più assurdi di resistere alla tentazione di distrarvi. Ad esempio, mi viene in mente quell’aggeggio geniale in cui si chiude il telefono per un tempo da noi stabilito; vi metto il video alla fine dell’articolo altrimenti adesso vi distraete!

    Ah, a proposito di schiavitù da tecnologia, se è un argomento che vi interessa, un paio di anni fa ho scritto un brevissimo articolo intitolato appunto “liberarsi dalla schiavitù della tecnologia” ed un altro sul FOMO (fear of missing out).

    Tornando a noi, pensate di essere procrastinatori seriali o veri e propri casi persi?

    Ho un’ottima notizia, per fortuna non c’è nulla di più lontano dalla realtà e potete dimostrarlo a voi stessi in maniera molto semplice. Provate ad analizzare le 4 aree principali della vostra vita (privata, affettiva, sociale, lavoro/studio) e vedrete che ci sono alcune situazioni in cui riuscite ad agire in maniera presente e tempestiva, senza rimandare inutilmente. Ecco, partite da queste occasioni che sono la prova inconfutabile della vostra efficacia per modificare il vostro atteggiamento, laddove non vi piace.

    Lo so, cambiare è difficilissimo e spaventoso!

    Ora voi penserete che io sia fissata con i proverbi (e forse un po’ lo sono, magari scriverò un articolo intitolato “i proverbi che mi hanno rovinato la vita”), ma non posso fare a meno di citarvi l’arcinoto “chi lascia la strada vecchia per la nuova sa quello che lascia ma non sa quello che trova”. Cioè, ditemi che siete d’accordo con me quando dico che questo proverbio è peggio del pagliaccio che esce dalle tubature (ogni riferimento ad IT è puramente voluto!). Cambiare molto spesso ci spaventa perché non sappiamo cosa ci aspetterà nella strada nuova e quindi decidiamo di rimanere su quella vecchia anche se è piena di buche e le curve ci fanno venire la nausea.

    E qui il concetto di saggezza popolare mi sfugge, ma è meglio se non mi dilungo.

    Abbiamo visto le cause che ci spingono a rimandare ed abbiamo parlato delle nostre distrazioni preferite; adesso, per concludere in bellezza, non ci resta che toccare l’annoso argomento delle giustificazioni, dei pretesti, delle scuse. Ebbene sì, ho una bruttissima notizie, le scuse che inventiamo al mondo, ed ancor prima a noi stessi, finiscono per diventare realtà, una realtà fatta di ostacoli che ci siamo costruiti con le nostre stesse mani.

    Le scuse che ci inventiamo (“non è il momento adatto”, “ci devo pensare”, “sono stanco”), per quanto ci possano sembrare sensate, in realtà contribuiscono solo a farci rimandare ulteriormente. Non solo, contribuiscono ad una visione passiva della nostra persona, come se non fossimo in grado di lottare ed impegnarci per raggiungere i nostri obiettivi.

    Le scuse, comunque, fanno parte del nostro modo di affrontare le difficoltà.

    Non è necessario vergognarsi per aver inventato una scusa, piuttosto è importante rendersene conto e cercare di modificare quella frase, o quelle frasi, che potrebbe essere la causa dei nostri insuccessi. Se vi mancano gli strumenti per fare qualcosa, la cosa migliore è fare una lista e decidere quando andrete a comprarli. Se vi sentite stanchi, anziché rimandare, potete magari decidere di lavorare per un tempo inferiore.

    Partite dalle vostre scuse e trasformatele nel primo passo per raggiungere i vostri obiettivi!

    Se vi siete riconosciuti in uno o più punti, non preoccupatevi perché non siete soli. D’ora in poi, ogni volta che vi viene voglia di rimandare, rileggete questo detto taoista che, secondo me, è molto meno odioso e molto più convincente del proverbio popolare “prima il dovere, poi il piacere”:

    “Ogni conclusione porta con sé un compimento.

    Il compimento porta alla liberazione.

    La liberazione permette di proseguire.”

    Bibliografia:

    Giusti E., Rinviare mai più!, Sovera, Roma, 2013.

    Moore T., Un domani senza paura, 2006

    Knaus W., End Procrastination Now! Get it Done with a Proven Psychological Approach, McGraw-Hill, New York, 2010.

    Dier W., Niente scuse! Il nuovo modo di pensare, Corbaccio, Milano, 2010.

    Come promesso, ecco il video della prigione per rinchiudere il vostro cellulare: