Come si sceglie l’università?

    Da un po’ di anni ho la fortuna di potermi confrontare con ragazze e ragazzi rispetto alle loro scelte future. Lavoro come orientatrice, una professione relativamente nuova e meravigliosamente complessa che è nata nel momento in cui c’è stata una rivoluzione della società e sono venuti a mancare alcuni punti fermi.

    Quella che, per molte generazioni, è stata la strada dritta scritta sin dalla nascita, si è trasformata oggi in un sentiero tortuoso e ricco di diramazioni. Se questo, da una parte, è a mio avviso una grandissima conquista, dall’altra crea non poche difficoltà.

    Ci sentiamo spesso persi.

    E menomale, aggiungerei io, perché non c’è cosa più bella che trovarsi, ritrovarsi e riscoprirsi cambiati, però dobbiamo mettere in conto di fare una gran bella fatica!

    Ora, se sei in procinto di scegliere l’università e stai leggendo questo articolo, ti chiedo di pazientare un momento e di non detestarmi quando scoprirai che non esiste una formula esatta per prendere questa decisione.

    Quello di cui ti parlerò è un mix fra la mia rocambolesca esperienza, le mie riflessioni sulla carta igienica ed alcuni dati oggettivi.

    Partiamo dai dati oggettivi che sono quelli meno complessi.

    Oggi, una bambina o un bambino che iniziano le scuole, finiranno per svolgere un lavoro che non è ancora stato inventato. Cosa significa questo per la scelta universitaria? Beh, che se non hai in mente un lavoro preciso, puoi scegliere una facoltà che ti piace e magari, quando avrai finito, troverai il lavoro che fa per te o te lo inventerai tu (altra grande opportunità del XXI secolo!).

    Se pensi di sapere esattamente quale lavoro vuoi fare, allora, il consiglio che mi sento di darti è quello d’informarti bene sui titoli richiesti perché, a volte, si arriva alla stessa meta prendendo strade diverse. Se rientri nella categoria dei ‘convinti’ (beata/o te che io non ci rientrerò mai in vita mia!), ricorda che, comunque, nella vita si può cambiare idea e non c’è nulla di male!

    Passiamo invece alla mia esperienza, così ti sentirai subito bene perché è impossibile fare peggio di me!

    A 19 anni avrei voluto iscrivermi ad almeno 5 facoltà universitarie diverse e le cose, purtroppo, non sono migliorate andando avanti con gli anni. Sono un’entusiasta della vita e questo si traduce in incredibili tour de force per scoprire tutti i dettagli delle mie nuove passioni.

    Insomma, passa un treno ed io ci salgo sopra!

    Questo mio entusiasmo, lo capirete, mi ha creato ed ancora oggi mi crea non pochi problemi. In primo luogo, trovare la facoltà giusta era praticamente impossibile per me, soprattutto perché ogni scelta comporta delle rinunce ed io non sono mai stata brava a rinunciare.

    I miei genitori mi hanno sempre amorevolmente incoraggiata a scegliere quello che mi piaceva ‘di più’, ma io non ci sono riuscita ed alla fine ho scelto la strada che mi sembrava più facile.

    Ero portata per le lingue e lingue furono.

    Così, dopo una serie di rocamboleschi eventi che non vi sto a raccontare qui, mi sono laureata in Mediazione Linguistica e Culturale…e nel frattempo ho fatto altri trecentomila corsi di formazione. Mi sono specializzata in Disturbi Specifici dell’Apprendimento, sono diventata Counselor e, già che c’ero, sono diventata anche educatore cinofilo.

    E qui arrivano le mie riflessioni sulla carta igienica.

    Per molti anni ho pensato che avrei preso quel pezzo di carta (la laurea) e l’avrei usato come carta igienica, ma poi ho capito che quest’idea era solo una distorsione di questa società che ci vuole sempre performanti e sempre legati all’obiettivo.

    Per carità, gli obiettivi sono importanti e, senza motivazione, è difficilissimo che ci sia un apprendimento significativo, ma chi l’ha stabilito che lo scopo esatto di un percorso di studi sia quello di trovare un lavoro?

    Ho studiato lingue perché mi piacevano ed ero certa che non avrei fatto troppa fatica. Andando avanti nel percorso, mi sono resa conto che c’erano anche altre cose che m’interessavano e allora mi sono iscritta ad un master, prima, e ad un nuovo indirizzo di laurea adesso che ho 40 anni suonati.

    Nonostante faccia un lavoro che è poco collegato ai miei studi iniziali, c’è sempre tanto inglese nella mia vita e, se avessi 20 anni oggi, penso che m’iscriverei ad anglistica perché le lingue mi piacciono, ma l’inglese mi piace molto di più!

    Ma le riflessioni sulla carta igienica non finiscono qui!

    Il mio corso di laurea prevedeva un cospicuo numero di esami in linguistica e semiotica. Mentre studiavo le lingue più assurde del mondo, le strutture ad albero ed altre diavolerie linguistiche e semiotiche, mi chiedevo il perché di tanto sadismo da parte dei Prof.

    Eppure, non mi rendevo conto che quegli studi mi avrebbero cambiata per sempre.

    Non per gli sbocchi professionali, ma per il modo in cui mi stavano dotando di altre lenti per guardare alla vita. Ho scelto la facoltà che mi sembrava più semplice senza sapere che mi avrebbe allenata alla complessità. Ho scelto una facoltà che mi ha dato tutti gli strumenti necessari per diventare quello che sono diventata.

    Lo stesso esempio vale per il corso come educatrice cinofila. Certo, non svolgo questa professione e qualcuno potrebbe non capire la mia scelta di spendere soldi e tantissimo tempo in un percorso professionalizzante, ma la verità è che ho scoperto tantissime cose che non sapevo e che continuano ad entusiasmarmi come il primo giorno.

    Per quanto possa sembrare assurdo, la prima volta in cui ho sentito parlare di approccio cognitivo-comportamentale è stato proprio in occasione di una lezione con un veterinario. Durante un’altra lezione, invece, ho scoperto il fantastico mondo delle neuroscienze.

    Potrei andare avanti ancora a lungo con gli esempi, ma penso che siano sufficienti questi per chiarire il mio punto di vista.

    Avrei voluto concludere questo articolo con un elenco puntato di consigli, ma andrei in contraddizione con tutto quello che ho detto quindi chiudo con il consiglio che vorrei dare alla me di 22 anni fa:

    “Non avere paura!”

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