#day176 – L’immensità di Eddie Vedder al Firenze Rocks

    Un solo uomo o una band intera?

    Questa credo che sia la domanda che si sono fatte tutte le persone che, come me, ieri sera non riuscivano a credere ai loro occhi, nè tantomeno alle loro orecchie. L’immensità di Eddie Vedder sul palco della Visarno Arena non credo sia descrivibile a parole.

    In molti hanno venduto il biglietto pensando che, forse, lui da solo sul palco non sarebbe stato 'abbastanza'.

    Mi dispiace per voi, se foste venuti al concerto avreste imparato che ad Eddie bisogna sempre dare fiducia. Questa, almeno, è la lezione che ho imparato io. Ebbene sì, anche io avevo avuto i miei momenti di titubanza, soprattutto perchè si trattava di un festival e dopo essere stata a Werchter avevo i miei buoni motivi. I concerti dei Pearl Jam sono sempre stati eccezionali, ma al Rock Werchter, Eddie era salito sul palco completamente ubriaco e vi garantisco che non è bello arrivare fino a Bruxelles per un concerto e ritrovarsi il fantasma di Eddie che barcolla sul palco e fa cantare le canzoni al pubblico, no, non è per niente bello.

    Ho imparato che con Eddie tutto dipende da come inizia il concerto. In linea generale, se inizia con Release, preparatevi ad una delle esperienze più forti della vostra vita.

    Ieri sera non ha iniziato con Release, ha optato per Elderly Woman Behind the Counter in a Small Town, ma quando inizia a voce piena è comunque una garanzia. Dopo il primo pezzo si è rivolto al pubblico, in italiano, e lo ha fatto per ringraziarci di essere lì in così tanti; certe cose, ha detto, succedono solo in Italia…grazie Eddie, we love you and you know it!

    Il concerto è andato avanti fra pezzi dei Pearl Jam, pezzi della colonna sonora di Into the Wild, un paio di pezzi con l’ukulele e qualche cover, non troppe per fortuna. Immancabile un accenno ai Soundgarden, senza fare nomi, ma semplicemente dedicando Black a tutti coloro che, almeno una volta nella vita, hanno attraversato un momento buio. Io adoro Black perché trovo che siano almeno 3 canzoni in una e la parte che preferisco in assoluto è quella finale, ma ieri sera Eddie ha aggiunto qualcosa, o perlomeno ci ha provato prima che la sua voce venisse rotta da quello che si sarebbe potuto trasformare in un pianto di massa. Eddie ha provato a dire “please come back” per 3 volte; la prima è filata liscia, alla seconda mancava il back e la terza di è fermata direttamente al pl di please. Eddie si è appoggiato al microfono, poi si è voltato, spalle al pubblico, ha cercato tutta la forza che solo la musica può darti e, quando si è girato di nuovo verso di noi, era pronto a farci sanguinare le orecchie con Lukin e Porch.

    Un uomo, una chitarra, un palcoscenico e 50000 spettatori increduli.

    In quel momento mi sono tornate in mente le parole di mio padre di qualche giorno fa: “Figlia come stai? Mi pare che tu tiri avanti a colpi di Rock”. Non ha usato l’espressione ‘tirare avanti’, ma qualcosa di simile; non ricordo le parole esatte, ma il senso era un po’ questo, superare le avversità a colpi di rock.

    Verso la fine del concerto è salito sul palco Glen Hansard, altro ospite del festival che, a differenza di Eddie, quando ha scoperto la capienza della Visarno Arena, si è affrettato a convocare gli altri membri della sua band perché ha temuto di non farcela da solo. Eddie lo ha invitato verso la fine del concerto per duettare, ma soprattutto perchè aveva bisogno di qualcuno che suonasse la chitarra mentre lui si calava in mezzo al pubblico, come avrebbe potuto esimersi.

    Fra le cover, Eddie ha suonato Imagine e prima di farlo ci ha tenuto a precisare che, finalmente, Yoko Ono risulta essere la co-writer insieme a John Lennon. Eddie sostiene che Imagine sia la migliore canzone della storia ed io, da donna, non posso che sorridere di fronte alla sua precisazione riguardo il ruolo fondamentale di Yoko Ono.

    Vi ho già detto che Eddie da solo suonava come una band vero?!?

    Beh, lo potrei ripetere all’infinito e, ripensandoci, non posso fare altro che commuovermi. La voce di Eddie, da sola, credo basterebbe a riempire un’arena. Ieri sera ha suonato la chitarra acustica, quella elettrica, l’ukulele e poi, tanto per non farsi mancare nulla, anche l’organo, ma la cosa più sorprendente rimane sempre la sua voce. Lui parla con un filo di voce, come se non avesse fiato per terminare le frasi e poi si mette davanti al microfono, chiude gli occhi e suona le sue corde vocali, gli bastano quelle per fare musica e per me non c’è Imagine che tenga.

    Eddie è il miglior musicista di tutti i tempi, period.

    Ha suonato per oltre due ore, da solo, con una potenza inaudita ed alla fine del concerto ha ringraziato il pubblico per averlo sostenuto e per averlo reso così forte.

    Se oggi digitate Eddie Vedder su Google i primi risultati rigurdano proprio il concerto di ieri sera che da alcuni (Rockol) è stato definito “il concerto della vita” ed io non posso che sentirmi fortunata per essere stata lì a godermelo dal vivo, con il sole che mi tramontava alle spalle ed in compagnia della persona che, molti anni fa, mi ha fatto conoscere i Pearl Jam regalandomi un mix che conteneva una selezione dei suoi pezzi preferiti…grazie Francesco, e non ti ringrazierò mai abbastanza.

    Cosa ho imparato dalla giornata di ieri?

    1. la musica è un dono prezioso
    2. l’amicizia è un dono ancora più prezioso
    3. i soldi spesi per i concerti sono un ottimo investimento