#day168 – Il post che avrei dovuto scrivere mercoledì

    Questo articolo lo avrei dovuto scrivere mercoledì al ritorno dal concerto dei Green Day o, al più tardi giovedì mattina.

    E allora perché lo scrivo di sabato? Sarei tentata di dirvi che non ho avuto tempo, ma dopo tutto quello che ci siamo detti sul concetto di tempo e sulla sua gestione, direi che l’unica spiegazione plausibile è che io non sia riuscita a ritagliarmi il tempo necessario per farlo.

    Shame on me!

    Bando alle ciance, wow, wow, wow. Sono senza parole. Come vi dicevo anche nel post di mercoledì, in adolescenza ero una fan sfegatata dei Green Day, talmente sfegatata da essere andata ad un loro concerto nel lontano 1995, all’età di 13 anni. A quel concerto andai con il mio amico Francesco, di cui avete già sentito parlare se avete letto l’articolo sulla festa della donna (e se non l’avete fatto potete rimediare cliccando qui) e, ovviamente, con mia madre la quale si ricorda ancora quell’evento come il-giorno-in-cui-pensavo-di-aver-perso-il-cellulare-invece-lo-avevo-messo-in-frigo.

    Chi non ha mai messo il cellulare in frigo almeno una volta nella vita?!?

    Mia mamma mi comprò il poster ed anche una bellissima felpa oversized e Francesco ci abbandonò sugli spalti per andare a pogare. Di quel concerto ricordo anche la tipa con il cartone di Tavernello in mano che, alle 5 del pomeriggio, era già abbastanza ubriaca da vomitare e farsi portare via dai Carabinieri ancor prima di varcare i cancelli del palazzetto. Certo che perdersi il concerto per un cartone di Tavernello non mi pare proprio una gran genialata, ma affari suoi.

    Non ricordo come suonarono, ricordo solo un bel frastuono e Billie Joe che, uscendo dal palco, si arrampico come una scimmia per salutare e toccare alcuni dei suoi fan. Dopo oltre 20 anni posso dirvi che di quel giovane Billie Joe, fortunatamente, è rimasto molto.

    When I Come Around fu il primo singolo dei Green Day che sentii, Dookie il primo album che acquistai e Basket Case la loro prima canzone che imparai a memoria e tradussi accuratamente, sull’autobus, in gita scolastica. Non ricordo assolutamente dove fossimo diretti, ricordo solo di aver chiesto alcune parole alla professoressa d’inglese, tra cui ovviamente ‘whore’, sapeo un accidente io che era una parolaccia.

    Dopo Dookie ho comprato un altro paio di album ma, con mio enorme dispiacere, hanno iniziato ad inserire delle ballate e lì, il mio amore per i Green Day è entrato in crisi, una crisi dalla quale sono uscita definitivamente mercoledì.

    Quando abbiamo deciso di andare al concerto ero un po’ titubante ed i motivi erano principalmente due: se avessero suonato Wake Me Up When September Ends avrei sentito l’irrefrenabile bisogno di percuoterli e poi, non avrei sopportato che il pubblico non conoscesse i loro primi successi.

    La prima condizione, per fortuna, non si è presentata, ma la seconda sì.

    L’unica ballata che hanno suonato è stata Boulevard of Broken Dreams e lì tutti a cantare e tutti a filmare con quei cappero di cellulari…ma dico io, ma non lo vedete che Billie Joe vi prende per i fondelli mentre canta ‘sto troiaio?!? Cioè ha attaccato che pareva un bambino delle elementari che recitava a memoria la poesia per far felice la maestra. Gente sveglia, ma l’avete guardato negli occhi?!? Ma vi sembra uno da ballads? Ah, tra parentesi, io il cellulare manco mi sono ricordata di averlo, tant’è che la foto l’ho dovuta chiedere ad Elisa, la quale era emotivamente molto più lucida di me ed almeno qualche foto l’ha fatta.

    Tornando alle ballate, magari è una mia proiezione, ma sta di fatto che, con quell'attacco lì, Billie Joe è tornato in cima alla lista delle persone che adoro.

    Diciamo che durante il concerto non sono stata proprio calme e tranquilla ecco, ma il picco della follia l’ho raggiunto quando, dopo Basket Case, hanno suonato She…e lì ho rischiato l’infarto; ad essere onesta mi fanno ancora male le gambe per quanto ho saltato. Il caso ha voluto che, sebbene ci fossimo organizzati diversamente, anche Francesco fosse al concerto e durante Basket Case e She ho sentito l’irrefrenabile bisogno di prenderlo a spallate. Mi sono sentita un po’ in colpa per essermi allontanata dal mio fidanzato e dagli altri amici in un momento così felice per me, ma so che solo Francesco (ed anche Marco, altro mio amico storica) avrebbero potuto sapere e capire il perché di tanta emozione.

    E infatti Francesco mi ha guardato e ridendo mi ha detto: "Vuoi andà lì nel mezzo a pogà visto che la tu mamma 20 anni fa un ti ci mandò?", lui lo sa.

    Il mio fidanzato, in compenso, deve aver pensato che io sia una pazza furiosa invasata, tant’è che voleva comprami una maglietta alle bancarelle perché la mia era fradicia di sudore, non credo sia necessario aggiungere altro.

    She è sempre stata una delle mie canzoni preferite e riascoltandola live e, soprattutto, cantandola a squarciagola, mi sono resa conto che rappresenta alla perfezione l’essenza di TaraMaria. Io sono Basket Case e TaraMaria è She, è deciso. Per quanto riguarda Saxon non credo che i Green Day rientrino nei suoi gusti musicali, lui è uno che ulula alle campane.

    Sempre in tema She, Billie Joe ha provato a farla cantare al pubblico, ma ha ricevuto una scena muta e quello, per me, è stato un vero colpo al cuore, un po’ come quando mi sono resa conto che BJ aveva un sacco di belle cose da dire al pubblico, ma l’ha fatto in inglese quindi chissà in quanti lo avranno compreso.

    Peccato però, perché ha parlato di amore, di musica e di rivoluzione, quella che si può fare grazie al potere della musica. Quanta verità.

    Prima che il concerto iniziasse ho avuto un attimo di “terrore”, mi sono avvicinata a Francesco e gli ho detto: “Oddio, ma sai che non so se me la sento di rivederli dopo 20 anni; e se sono invecchiati?”. Domanda questa che non si merita alcuna risposta perchè è ovvio che gli anni passano per tutti ed è altrettanto ovvio che, come mi ha fatto giustamente notare la mia amica Elisa, ‘non è che sono proprio di primo pelo’.

    Gli anni passano per tutti, anche per i Green Day ed in effetti sì, Billie Joe appena salito sul palco mi è sembrato un po’ più gonfio di come me lo ricordavo, ma i suoi occhi non sono cambiati affatto. Quello sguardo da ‘folle birichino’ è sempre lì a ricordarmi che chi segue i propri sogni ha la luce negli occhi, una luce che saprebbe guidare qualsiasi popolo fuori dalle più oscure tenebre.

    Il Billie Joe di 20 anni fa ha lasciato spazio ad un animale da palcoscenico che invita sul palcoscenico persone del pubblico per cantare e suonare con loro. Mercoledì sera è toccato ad un ragazzo che, per quel che ho capito, fa il cantante in una band. Era salito sul palcoscenico uno dei suoi musicisti ed alla fine hanno fatto salire lui, con le scarpe da ginnastica gialle fosforescenti e lo zaino con i panini ancora in spalla. Ha cantato benissimo, sapeva tutte le parole e penso che ricorderà quei 3 minuti di gloria per il resto della sua vita. Dopo di lui è stata la volta di un ragazzino di 12 anni, chitarrista, che, non solo ha suonato mentre Billie Joe cantava, ma se ne è anche andato a casa con la chitarra usata dei Green Day.

    Billie Joe è uno di noi!

    Molte band si separano, ma a me i Green Day sono sembrati uniti ed affiatati come 20 anni fa, come quando, ancor prima che io sapessi della loro esistenza, registravano pezzi nel garage di casa. Grazie, grazie per aver suonato per più di 2 ore e mezzo, grazie per essere tornati sul palco a salutarci e grazie per aver concluso il concerto con 3 pezzi acustici, semplicemente grazie.

    Cosa ho imprato da quella giornata?

    1. la musica è vita
    2. la musica fa bene al cuore
    3. la musica potrebbe salvare il mondo
    4. comprerò tutti i dischi dei Green Day che mi ero rifiutata di prendere per la presenza di ballate
    5. devo avere il gilet leopardato e borchiato di BJ