“Storia della bambina perduta”, Elena Ferrante

    Ho girato l’ultima pagina di questo quarto ed ultimo volume con tanta tristezza e con un senso di abbandono. Lungi da me incolpare l’autrice; il mio è un sentimento che conosco bene e che mi pervade ogni volta che finisco un libro che ho amato in ogni sua pagina.

    Il sentimento è ancora più violento quando si tratta di saghe, trilogie o simili. Quando arrivo a leggere l’ultimo volume di una saga finisco sempre per prendermi una lunga pausa all’incirca verso la metà del libro. Perché? Forse perché vorrei che non finisse mai o forse perché provo ad iniziare ad abituarmi all’assenza di quei personaggi. Ma è veramente così? Quei personaggi saranno veramente assenti o avranno comunque lasciato un’impronta dentro di me che non se ne andrà più?

    All’inizio, questi miei appunti di lettura volevano essere un riassunto della trama, un qualcosa che mi sarebbe tornato utile per consigliare questo o quel libro a chi me lo avesse chiesto ed ecco che la penna di nuovo disobbedisce agli ordini del cervello.

    E allora mi chiedo, leggo libri per sapere cosa succede o leggo libri per conoscere personaggi nuovi e vedere come ognuno di loro affronta la vita? O forse leggo per il piacere di trovare parole accostate con grazia e maestria? Di certo la Ferrante con i suoi quattro volumi de L’amica geniale ha saputo soddisfare tutte le mie richieste, dalla prima all’ultima.

    Storia della bambina perduta è l’epilogo dell’amicizia e della storia. Il titolo è denso di significati, non solo metaforici. Per me ha suonato sin dall’inizio come una specie di monito: per crescere devi dimenticarti del bambino che è dentro di te e, sebbene la psicologia ci ricordi che è sempre bene non soffocare una parte di noi, certo la vita ci mette a dura prova e quell’amaro in bocca che mi ha lasciato questo libro non è nient’altro che l’amaro della vita quotidiana, così ordinaria ed allo stesso tempo straordinaria.

    I miei passaggi preferiti riguardano la scrittura e l’essere donna, per e nonostante gli uomini.

    “Lasciami perdere Lenù, non si racconta una cancellatura.”

    “Accettare che essere adulti è smettere di mostrarsi, è imparare a nascondersi fino a svanire?”

    “[…] voglio cercare sulla pagina un equilibrio tra me e lei che nella vita non sono riuscita a trovare nemmeno tra me e me.”

    “Parlai di come avessi cercato da sempre, per impormi, di essere maschio nell’intelligenza – io mi sono sentita inventata dai maschi, colonizzata dalla loro immaginazione…”

    “[…] la donna libera e colta perdeva i petali, si staccava dalla donna-madre, e la donna-madre prendeva le distanze dalla donna-amante, e la donna-amante dalla vaiassa inferocita, e tutte sembravano sul punto di svolazzare via in direzioni diverse.”

    “Ma a voi che leggete e scrivete i libri vi piace dirvi le bugie, non la verità.”

    “Lei carezzava coi polpastrelli tasti grigi e la scrittura nasceva sullo schermo in silenzio, verde come erba appena spuntata. Ciò che c’era nella sua testa, aggrappato a chissà quale corteccia del cervello, pareva rovesciarsi all’esterno per miracolo e fissarsi sul nulla dello schermo. Era potenza che pur passando per l’alto restava potenza, uno stimolo elettrochimico che si mutava immediatamente in luce. Mi sembrò la scrittura di Dio come doveva essere stata sul Sinai al tempo dei comandamenti, impalpabile e tremenda, ma con un effetto concreto di purezza.”

    “[…] la gratuità dell’intelligenza di Lila. Essa si distingueva tra tante perché con naturalezza non si piegava a nessun addestramento, a nessun uso, a nessun fine.”