“La principessa che credeva nelle favole”, Marcia Grad Powers

    A distanza di due anni, ecco che termino l'altra parte de "Il cavaliere che aveva un peso sul cuore".

    Anche in questo caso si tratta di un viaggio, che per molti versi mi fa pensare al viaggio dell’eroe. La principessa attraversa la Terra delle Illusioni, per poi arrivare alla Terra di ciò che è, che a sua volta la condurrà al Tempio della Verità, luogo in cui si trova la tanto desiderata Pergamena Sacra, un prezioso elenco di verità. Come vi dicevo, si tratta nuovamente di un viaggio, ma, come dice il Dottor Herbert Hoot (in arte Doc, un gufo):

    “Il viaggio è diverso per ognuno: un sentiero può essere giusto per una persona e sbagliato per un’altra. Solo il cuore di ogni singolo essere umano conosce la via. Tu hai seguito il tuo quando ti sei sentita attirare dall’albero sulla collina al di là dei giardini del palazzo, e mi hai incontrato. […] Quando invece ti sei ritrovata davanti al bivio, per capire come comportarti hai fatto affidamento sulle convinzioni di qualcun altro…ed è proprio così che una persona si perde.”

    In un testo così tanto metaforico credo che ognuno di noi possa leggere un po’ ciò che vuole. Il viaggio che la principessa decide di intraprendere scaturisce dall’irreparabile conflitto che si è venuto a creare fra lei ed il suo Principe Azzurro, che poi così azzurro non è, o almeno non sempre.

    Un po' come Doctor Jeckill e Mr Hyde.

    Nel libro si parla senza dubbio di amore, in primo luogo quello che è necessario provare per noi stessi ed è proprio questa la prima lezione che imparano la Principessa Victoria e la sua amica immaginaria Vicky. All’inizio del loro viaggio rischiano infatti di annegare finché non arriva in loro soccorso il delfino Dolly:

    “L’unica sicurezza durevole è quella che ci consente di sapere che siamo in grado di prenderci cura di noi stessi. Capite adesso per quale motivo dovete imparare a nuotare?”

    La preghiera di Reinhold Niebuhr (“che io possa avere la serenità per accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio per cambiare cìò che posso e la saggezza per capire la differenza”), messa nero su bianco ne “Il cavaliere con un peso sul cuore”, non è qui minimamente menzionata, ma trovo che venga comunque sottolineata in altro modo l’importanza di lasciar andare ciò che non si può cambiare. Non solo, in questo caso l’autrice lancia un vero e proprio monito:

    “La gente cerca ciò che conosce, perché tutto quello che è familiare è fonte di conforto.” “Anche se si tratta di un conflitto?” “In modo particolare se è una lotta! I tempi cambiano, al pari degli esseri umani che si ostinano però a cercare di sistemare le cose, a capire e risolvere le questioni rimaste in sospeso, ostinandosi purtroppo a ripetere lo stesso comportamento che non ha funzionato la prima volta.”

    Piccola nota finale sui personaggi. L’idea di un’amica immaginaria può sembrare forse una follia, ma se la si legge in termini di analisi transazionale, allora credo che la figura della piccola Vicky rivesta un ruolo di fondamentale importanza. Vicky è il nostro bambino interiore, quello che c’è anche se l’età anagrafica continua a salire, quello che ha bisogno di esprimersi ed anche di essere coccolato.

    E' una parte di noi a cui non possiamo rinunciare ed è una parte di noi che dobbiamo imparare ad accogliere ed amare.