“Tolstoy and the purple chair”, Nina Sankovitch

    Avrei voluto iniziare questa recensione con una frase ad effetto tipo: ho letto questo libro tutto d’un fiato, in un solo giorno.
    Purtroppo mi ci sono voluti 3 giorni per terminare la lettura e, quello che renderà ancora più difficile scrivere una recensione è il fatto che, ancor prima di aprire questo libro, avevo già deciso che mi sarebbe piaciuto e che sarebbe stato fonte di grande ispirazione ed in effetti è stato così, ma non nella maniera che mi aspettavo.
    Mi sono imbattuta in questo titolo mentre facevo ricerche su internet legate alla scelta del nome di un eventuale sito o blog (quando ho letto il libro #abbrutitanomore non esisteva e stavo valutando nomi prettamente collegati alla lettura). Quel giorno avevo digitato su Google ‘un libro al giorno’ ed ecco che mi imbatto in una donna che, a mio avviso, ha compiuto un’impresa per la quale dovrebbe essere ricordata per sempre: Nina Sankovitch ha letto un libro al giorno per un intero anno. Sì, avete capito bene, 365 libri in 365 giorni. Ho letto l’articolo e poi sono andata immediatamente sul suo sito, quello sul quale ogni mattina postava la recensione del libro letto il giorno prima. Sul sito non mi sono soffermata troppo a lungo perché lì ho scoperto che la Sankovitch aveva scritto un libro in cui raccontava il suo anno di lettura magica (come da titolo) ed eccomi su Amazon a fare spese, ovviamente nella sezione ‘libri in altre lingue’.
    Due giorni ecco che stringo il libro fra le mie mani. Al tatto la copertina non mi piace, ma la scelta dell’immagine mi fa presto dimenticare il mio disappunto per la scelta della carta. S’intravede una finestra che si affaccia su un giardino verdissimo, una pila di libri con copertina rigida e pagine più o meno ingiallite, una tazza bianca che immagino piena di caffè bollente e poi, per mia somma gioia, una meravigliosa poltrona viola. Anche la costola del libro è viola ed il viola è uno dei miei colori preferiti. Più tardi scoprirò che Nina ha letto buona parte dei suoi libri proprio seduta su una poltrona viola. Unica nota negativa: la suddetta poltrona pare non abbia il migliore degli odori a causa della meticolosa opera dei gatti di casa.
    Stravolta dalla prematura morte di sua sorella, scomparsa all’età di 46 anni, la Sankovitch non riesce a ritrovare un equilibrio finché, per il suo quarantaseiesimo compleanno, decide di dedicarsi a questo progetto che le ronzava in testa già da qualche tempo. L’amore per i libri e per la lettura era ciò che accomunava le due sorelle, altrimenti molto diverse l’una dall’altra, ma indissolubilmente legate da quell’amore che, come dice l’autrice, si può provare solo se si hanno sorelle. A 3 anni dalla morte della sua amata sorella Anne-Marie, la Sankovitch si rende conto che solo attraverso la lettura sarebbe potuta tornare a vivere.

    Mi aspettavo che questo libro fosse un dettagliato racconto dei 365 giorni di lettura, ma è stato molto di più.

    L’autrice non si è limitata a redigere un diario, ma è stata molto più generosa. Ha descritto ciò che ha imparato da ogni singolo libro e, come se non bastasse, ha raccontato la storia della sua famiglia. Quella della Sankovitch è una famiglia d’immigrati fuggiti dall’Europa e, soprattutto, dagli orrori della seconda guerra mondiale. È una famiglia unita, numerosa, che rispetta le tradizioni e condivide l’amore per la lettura. Una famiglia che ho immaginato più volte riunita davanti al caminetto a ridere, leggere, chiacchierare e ridere ancora.
    Il libro va letto con attenzione perché ci sono passaggi veloci dal presente al passato e dai libri alla realtà. Tante citazioni ed altrettanti spunti di riflessione. Un inno alla lettura ed al suo potere magico. La lettura come cura, come maestra, come evasione. La lettura come esperienza universale, la lettura come unico modo per affrontare le ingiustizie della vita e dell’umanità.
    Per la Sankovitch ogni personaggio ci rappresenta in qualche modo ed ogni libro, anche se non ha incontrato il gusto dei critici letterari, ha la propria dignità e contiene importanti insegnamenti. A riprova della veridicità delle proprie affermazioni, l’autrice trae spunto da un romanzo giallo per giungere ad una conclusione molto profonda: non possiamo controllare gli eventi che accadono intorno a noi, ma siamo responsabili delle nostre reazioni a tali eventi.

    L’ultimo capitolo va al di là dei 365 giorni di lettura e me lo sono letto due volte con il sorriso sulle labbra.

    Sorridevo, o forse un po’ ghignavo, mentre leggevo le riflessioni dell’autrice scaturite dalla lettura di Denaro falso di Tolstoy. Una singola azione, apparentemente insignificante, provoca un’infinita serie di eventi concatenati fra loro. Inizio a leggere il capitolo e penso: ma guarda un po’?!? Forse non sono l’unica a pensare che nulla avviene per caso.

    Come si evince dalla lunghezza delle mie considerazioni, questo libro mi è piaciuto molto ed ha toccato tante tematiche che condivido in pieno. Di seguito trovate alcuni passi del libro con i miei commenti. Non ci sono grossi spoiler quindi potete procedere senza problemi.
    Il primo dei 365 libri che la Sankovitch legge è L’eleganza del riccio di Muriel Barbey e questa scelta mi ha subito ricordato che la mia copia di quel libro è rimasta in una catapecchia a Koh Tao in Thailandia. Mi correggo, non è che ci è rimasta, ce l’ho proprio lasciata perché quel maledetto libro mi aveva fatto piangere come una vite tagliata e volevo disfarmene. Non l’ho abbandonato, l’ho lasciato in un meraviglioso scaffale pieno di altri libri a disposizione dei viaggiatori che, zaino in spalla, volessero barattare le proprie letture alleggerendosi di un libro vecchio per appesantirsi con uno nuovo. E così ho fatto, ho lasciato L’eleganza del riccio ed ho preso The Boleyn Girl. Perdonate la digressione, torno subito all’argomento principale. Ecco una delle prime riflessioni della Sankovitch sull’opera della Barbery:

    It is a gift that we humans have, to hold on to beauty felt in a moment for a lifetime. Suddenly beauty comes to us, and gratefully we take it.

    Ed ancora:

    I understand what is important by looking back to see what I remember.

    Qui la Sankovitch riflette sul fatto che, per quanto possa essere dura la vita, vale la pena di viverla per quei momenti di bellezza che sono eterni ed il cui ricordo può farci tornare a gioire anche nei momenti più difficili.
    Sempre durante la lettura de L’eleganza del riccio, l’autrice decide che durante questo anno di lettura scriverà un resoconto per gli altri.

    I would find ‘the odd moment of beauty’ and the ‘always within never’. I would hold those moments tightly while also passing them on.

    Poco dopo la Sankovitch si renderà conto che la memoria è l’unica arma che potrà utilizzare per superare la morte della sorella:

    Even fiction portrays truth: good fiction is truth. Stories about lives remembered bring us backward while allowing us to move forward.

    Infine, vorrei condividere con voi una riflessione che l’autrice fa sull’importanza di prestare i libri, ma anche sulla sua difficoltà nel recensire libri consigliati da amici perché prestare un libro è come mostrare una parte intima di noi stessi.

    It is this shared love of books and the shared understanding of what they have to offer that holds the world of readers and writers together.