#day123 – Ufficialmente adepta

    A forza di scuriosare sul sito del Dott. Ongaro, mi sono imbattuta in un mini corso gratuito dal titolo molto promettente: “capire e gestire la fatica”.

    Ora, considerando la frequenza con cui lamento una stanchezza quasi invalidante, ho ritenuto importante non farmi sfuggire l’occasione e stasera ho seguito la prima delle quattro lezioni. Ironia della sorte, la mia stanchezza, mi ha reso leggermente meno ricettiva del solito il che significa che ho più volte rimesso indietro il video per recuperare le parole che perdevo qua e là, ma sono arrivata in fondo ed ho persino preso appunti.

    Dico ironia della sorte perché una delle cose che ho imparato stasera è proprio che la fatica provoca difficoltà di concentrazione e riduce le prestazioni. Per farvi un esempio, di solito scrivo un articolo in pochi minuti perché le parole sono sulla pagina ancor prima che io tocchi la tastiera, ma stasera sono ferma a queste poche righe e continuo a scrivere e cancellare perché il bociare che arriva dalla TV al piano di sotto (il mio fidanzato sta guardando non so quale film!) mi sembra un frastuono insopportabile e m’impedisce di concentrarmi. Considerando la giornata lavorativa che ha avuto lui, direi che ha tutto il diritto di guardare la TV, ma stasera avrei veramente bisogno dei tappi per le orecchie! Su quel maledetto elettrodomestico ho messo le cose in chiaro il primo o il secondo giorno di convivenza, quando il povero malcapitato ha compiuto un’azione che per lui era normale: accendere la televisione appena sveglio. Gli sono bastati pochi interminabili secondi per capire che la cosa non era di mio gradimento e così abbiamo stabilito che, in mia presenza, la televisione si poteva accendere solo dall’ora di pranzo in poi.

    Capite quanto sia complesso vivere con me, vero?!?

    Altro insegnamento fondamentale che ho tratto dai 48 minuti di lezione con il Dott. Ongaro è l’importanza dei tempi di recupero…e su questo faccio proprio come la signora Longari! Chi mi legge assiduamente sa che ho delle difficoltà piuttosto importanti per quanto riguarda il riposo, non tanto perché io abbia difficoltà a dormire (tutto il contrario), ma piuttosto perché riscontro difficoltà a riposarmi.

    Forse non so neanche cosa significhi riposo.

    Eh sì, perché ogni volta che mi siedo sul divano, mi sento in colpa e mentre scrivo questa frase mi viene in mente un episodio ricorrente di cui amo lamentarmi: il tempismo di mia nonna, anche detto mia-nonna-non-sopporta-assistere-alla-nullafacenza. La storia più o meno comincia con me che, tutta orgogliosa per avere appena portato a termine un compito che mi ero prefissata, mi siedo sul divano e, come per magia, mia nonna si materializza con una richiesta che prevede che io mi rialzi immediatamente.

    Isn't it ironic?

    E qui potrei iniziare con le mie elucubrazioni sui vari perché e per come certi episodi adolescenziali possano o non possano aver influenzato il mio modo di percepire il riposo, ma preferisco salutarvi con la canzone di Alanis Morissette che ho citato poco fa e che mi ricorda un’estate particolarmente spensierata, quando avevo il lettore CD portatile ed ascoltavo Jagged Little Pill sulle spiagge di Montalto Beach. Correva l’anno 1995.

    Cosa ho imparato da questa giornata?

    1. vivere in ipervigilanza un tempo garantiva la sopravvivenza, adesso non più
    2. lo spuntino di metà mattina è fondamentale