Ricomincio da me – Day 1

    Avevo fissato una data ed anche questa volta rischiavo di mancare l’appuntamento, rischiavo di trovare le migliori scuse per non fare quello che da troppo tempo avrei dovuto fare.
    Era Marzo e le 12 ore lavorative proprio non le reggevo più. Non avevo molta scelta però, avevo preso un impegno con i ragazzi delle scuole superiori e lo avrei portato in fondo, anche se il mio contratto lavorativo non prevedeva alcun obbligo io avevo un contratto non scritto con loro: non abbandonarli fino alla fine dell’anno scolastico.
    Bene, era deciso, avrei stretto i denti fino al 10 Giugno, ultimo giorno di scuola per me e per loro. Così iniziai a fare progetti, tanto per cominciare avrei preso appuntamento dal parrucchiere per farmi i capelli biondi e rosa. Sì, avete capito bene, ROSA! Come Jem e le Hologram o, se preferite, come Gwen Stefani ai tempi d’oro dei No Doubt…forse un po’ meno rosa. I simboli sono una parte fondamentale della mia vita ed i gesti simbolici anche. Se dovete farmi un regalo preferisco qualcosa che racconti una storia. Ma torniamo ai capelli, aver trascorso un anno a stretto contatto con gli adolescenti mi ha ricordato cosa nascondo dietro la maschera e mi ha fatto venire una grande nostalgia per quei piccoli gesti folli che facevo senza pensare troppo alle conseguenza. I capelli rosa non saranno certo perfetti per una prof. d’inglese, ma è arrivato il momento che io mi prenda qualche rischio.

    Fino a 18 anni ho sempre giocato con il mio aspetto, capelli biondi, capelli rasati, capelli rosa, capelli leopardati, anfibi, tacchi a spillo, concerti e discoteche.

    I miei genitori si sono sempre impegnati nel tramandarmi i migliori valori: la bellezze è effimera, lavora su te stessa, studia, vai in chiesa, vergognati. E poi ci ha pensato l’università, mica penserai di poter studiare lettere ed andare all’università con smalto e vestiti alla moda?!? Ma è veramente stata l’università o si è trattato semplicemente di ciò che io proiettavo negli sguardi degli altri? Perché mai andare a fare un esame struccata e con le occhiaie fino ai piedi sarebbe stato più vantaggioso di andare a fare un esame ben vestita, senza occhiaie e con un filo di mascara? E perché mai una donna che si prende cura del proprio corpo deve essere per forza tacciata di frivolezza? I miei genitori avevano ragione, la bellezza è effimera ed avrei dovuto lavorare su me stessa, ma alle mie condizioni, non certo a quelle imposte dalla società.
    Vi chiederete, ma perché tutto questo preambolo? Beh, sicuramente perché è una mia caratteristica. Andare dritta al punto mi resta particolarmente difficile, ma non temete, prima o poi ci arrivo e quando lo faccio non dico bugie.

    Insomma, torniamo alla storia dei capelli. Il 10 Giugno è venerdì, giorno notoriamente incasinato per i parrucchieri ed, essendo io una pazza scriteriata quando si parla di toccare i miei capelli, ho preferito prendere appuntamento di martedì, cioè domani, giornata che teoricamente dovrebbe essere meno movimentata e dovrebbe quindi permettere al parrucchiere di essere più concentrato rispetto a quello che fa sulla mia nobile capigliatura.
    Il giorno in cui presi appuntamento non mi resi troppo conto di quello che avevo fatto, ma l’11 giugno mi fu tutto chiaro: avevo fissato una data e mi ero autosabotata! L’avevo fatto ancora, le vecchie abitudini non muoiono mai. Ero disperata, delusa, senza speranze e di lì a poco, cioè oggi, avrebbero anche operato mio zio al cervello. Si sarebbe risvegliato? Cosa ne sarebbe stato di noi? Eppure ho fatto un master di ben 3 anni in counseling, leggo costantemente libri sulla PNL, mi formo, mi informo, sono iscritta ad ‘Efficacemente’ ed a ‘Caffeine for the soul’, possibile che non trovi un qualcosa a cui appigliarmi per ricominciare?
    Forse potrei appigliarmi alla mia pancia, sì quella cosa molliccia che ha deciso di appoggiarsi sui miei fianchi dopo il trentesimo compleanno. Eppure non mangio più schifezze come quando avevo 20 anni, perché tutta questa morbidezza? Forse perché tutte le mie amiche fanno figli e con la panzetta mi sento più vicina a loro? O forse perché, dando una lettura più vicina alla metamedicin, sono triste e depressa come non lo ero mai stata prima? E perché mai dovrei essere triste e depresssa?!? Ho un lavoro a tempo indeterminato, ho un fidanzato, una casa, una macchina, due cani…e quindi?!?

    E quindi non sono mai stata tanto lontana da me stessa.

    Sono così lontana adesso che anche se mi cerco non mi trovo, chissà in quale abisso di pippe mentali sono sprofondata, chissà dietro quale maschera sono nascosta.
    Vedete, proprio non ci riesco, è più forte di me, mi lascio sempre trasportare dall’ebrezza della tastiera. Tornando alla mia pancia, essendo lei cresciuta in maniera spropositata (a pensarci bene potrei anche darle un nome) ed essendo sempre stata il mio campanello d’allarme, penso di doverle il favore di ascoltarla, almeno questa volta. Alla fine di una lezione di yoga, che al momento pratico in maniera discontinua, l’insegnate ha detto una cosa che non dimenticherò mai “Concludete ringraziando il vostro corpo, perché vi sostiene ogni giorno”. Quanta verità! Non ci avevo mai pensato, ma è proprio così e non credo ci sia bisogno di aggiungere altro. E come posso fare a ringraziare il mio corpo? Senza dubbio prendendomi cura di lui, ma come faccio? Io non so cucinare cose sane e poi tutti penseranno che sono una sciacquetta che guarda solo all’apparenza? Oddio che fare?!? Indovinate un po’? Nel dubbio, non ho fatto proprio un bel niente, del resto è la cosa che mi riesce meglio: la paralisi. Nel mondo animale ci sono 3 reazioni davanti al pericolo: fight (combatti), flight (scappa) o freeze (immobilizzati). Ecco, io sono specializzata in quest’ultima, nel dubbio non faccio niente almeno sono sicura di non sbagliare. E stavo facendo lo stesso anche con la mia data. Mi ero fatta sfuggire il 10 giugno fingendo di non essermene neppure accorta, nascondendomi dietro alle sfide che la vita mi propone quotidianamente (attenzione all’uso del pronome ‘mi’. Io avrei preferito usare ‘ti’ o ‘ci’ perché penso che la vita sia una sfida per tutti, ma anni ed anni di counseling, gestalt e PNL mi hanno un po’ disturbato il cervello). Mi sono immobilizzata tutto il sabato pomeriggio, poi sono uscita con i cani e mi sono resa conto che, nonostante le mie turbe, il mondo continuava comunque a girare e tutto procedeva come se io stessi bene. Al mondo non fregava proprio nulla del mio malessere, viale Bracci era trafficato, gli uccellini cantavano, il vento soffiava, la gente andava al supermercato e così via. E allora, proprio mentre raccoglievo la cacca di uno dei miei cani ho avuto quel woolfiano ‘moment of being’ e mi sono detta: sai che c’è Sara, o ti dai una mossa o restiamo incagliate qui per sempre.

    Ed ecco che arriva la mossa. Ieri, domenica, decido che è l’ultimo giorno che mangio schifezze e mi rimpinzo di qualsiasi cosa; non contenta, scarico anche l’applicazione ‘sweat’ di Kayla Itsines e stamani, ore 11 ecco che comincio l’allenamento. Mi faccio le foto del prima, scelgo la playlist sul telefono e via, sono pronta a sudare. Ovviamente i miei cani, e soprattutto Tara, non l’hanno trovata un’idea geniale. Tara ha abbaiato per 20 minuti di fila, per la gioia dei vicini di casa. Credo che fosse genuinamente preoccupata per quello che stava avvenendo. Ho più volte pensato di fermarmi, soprattutto per il benessere del mio cane, del quale però non vorrei parlare adesso perché aprirei un discorso impossibile da richiudere, ma alla fine ho portato a termine l’allenamento.
    Finito l’allenamento ho pensato che iniziare a scrivere un blog sarebbe stato il modo migliore per sancire questo nuovo inizio. Scrivere un libro è sempre stato il mio sogno nel cassetto, stamani, mentre sudavo come una trota, ho pensato che forse era arrivato il momento di aprire quel cassetto polveroso.